Locke, di Stephen Knight, USA – Regno Unito 2013

All’uscita dal cantiere, Locke fa una svolta decisa: non torna a casa, fa una scommessa esistenziale che gli potrebbe costare la famiglia e il lavoro. L’ora e trenta del film corrisponde quasi esattamente al viaggio fino a Londra, che seguiamo continuamente nel chiuso dell’auto, con un unico attore.

Locke, impiegato nell’edilizia, gestirebbe la sua vita con la meticolosità e la precisione perfetta con cui alza edifici, ma la sua tragedia – in uno dei sensi più profondi del termine, quello di uno scontro assoluto fra due concezioni di vita opposte – come ogni tragedia presuppone un abbandono o una perdita, la mancanza del controllo umano, l’impossibilità di un ritorno.

L’automobile e la strada funzionano come delle zone di confine fra le quali si svolge un film tutto basato sul qui e ora, dall’auto percepiamo, immaginiamo i punti di partenza e di presunto arrivo del viaggio esistenziale di Locke nella tensione fra i richiami alla sua vita attuale – ora strazianti ora estenuanti – e la spinta verso un futuro di fuga da colpe genetiche.

Sorprendentemente in una narrazione di questo tipo – tutta chiusa e sospesa in un’auto, col mondo esterno che vale comunque un’ipotesi – il punto di vista non è così interno: sguardi dallo specchio retrovisore, continue sovrimpressioni ci tengono piuttosto lontani dalla posizione di Locke.

3 pensieri su “Locke, di Stephen Knight, USA – Regno Unito 2013

Lascia un commento